TERZO COMMENTARIO
La tirannia del Partito Comunista Cinese
Introduzione
La maggior parte dei cinesi, quando pensa alla tirannia, ricorda Qin Shi Huang (259-210 a.C.), il primo imperatore della Dinastia Qin, il cui governo oppressivo bruciava i libri di filosofia e seppelliva vivi gli studiosi confuciani. Il modo duro e violento con cui Qin Shi Huang trattava la sua gente nasceva dalla sua regola “sostenere il potere con ogni risorsa esistente sotto il cielo”. [1] Questa regola aveva quattro aspetti principali: tassazioni eccessivamente pesanti, lo spreco del lavoro umano per progetti auto-celebrativi, torture brutali sotto leggi draconiane che punivano persino i familiari e i vicini, e il controllo delle menti bloccando tutti i canali di libero pensiero e di libera espressione, bruciando i libri e persino seppellendo vivi gli eruditi.
Sotto il regno di Qin Shi Huang, la Cina aveva una popolazione di circa 10 milioni di persone. La corte di Qin ne costrinse circa 2 milioni ai lavori forzati. Qin Shi Huang importò le sue leggi draconiane nel mondo degli intellettuali, proibendo la libertà di pensiero su larga scala. Durante il suo governo vennero uccisi migliaia di studiosi confuciani e funzionari che criticavano il suo governo.
Oggi le violenze e gli abusi perpetrati dal Partito Comunista Cinese (PCC) sono addirittura più gravi di quelli della tirannica Dinastia Qin. La filosofia del PCC è quella della “lotta” e il dominio del PCC è stato costruito su una serie di lotte di classe, lotte per la direzione del Partito e lotte ideologiche, sia all’interno della Cina che verso altre nazioni. Mao Zedong, il primo leader del PCC dalla fondazione della Repubblica Popolare Cinese (RPC), la mise giù chiaramente dichiarando: “Di cosa si può vantare l’imperatore Qin Shihuang? Ha ucciso solo 460 studiosi confuciani, ma noi abbiamo ucciso 46.000 intellettuali. Ci sono persone che ci accusano di praticare la dittatura come l’imperatore Qin Shihuang e noi lo ammettiamo completamente. È aderente alla realtà”.[2]
Diamo un’occhiata ai 55 ardui anni della Cina sotto il dominio del PCC. Poiché la sua base filosofica è la “lotta di classe” il PCC non ha risparmiato gli sforzi, dalla sua ascesa al potere, per commettere un genocidio di classe, e ha raggiunto il suo regno del terrore tramite una politica di rivoluzione attraverso la violenza. Sono state usate uccisioni e lavaggi del cervello per eliminare ogni credo che si differenziava dalla teoria comunista. Il PCC ha lanciato un movimento dopo l’altro per dipingersi infallibile come una divinità. Seguendo le sue direttive di lotta di classe e di rivoluzione violenta, il PCC ha cercato di liberarsi dei dissidenti e delle classi sociali di opposizione, usando violenze e inganni per obbligare il popolo cinese ad asservirsi al suo dominio tirannico.
1. La riforma agraria: eliminazione dei proprietari terrieri
Poco meno di tre mesi dopo la fondazione della Cina comunista, il PCC dichiarò l’eliminazione della classe dei proprietari terrieri come una delle linee guida del suo programma nazionale di riforma agraria. Lo slogan del Partito “la terra ai contadini” solleticava il lato egoista dei contadini diseredati, e li incoraggiava ad impadronirsi delle proprietà con la violenza, ignorando le implicazioni morali delle loro azioni; istigò persino i contadini senza terre a combattere i contadini che ne possedevano. La campagna, che esplicitamente aveva come scopo l’eliminazione della classe dei proprietari terrieri, cominciò con il raggruppare le popolazioni rurali in differenti categorie sociali. In tutto il paese 20 milioni di abitanti delle campagne furono etichettati come “proprietari terrieri, agricoltori ricchi, elementi reazionari o cattivi elementi”. Questi nuovi emarginati dovevano fronteggiare discriminazioni, umiliazioni e perdita dei loro diritti civili. Mano a mano che il programma di riforma agraria si estendeva, andando a raggiungere zone remote e villaggi con minoranze etniche, l’organizzazione del PCC a sua volta velocemente si espandeva. Comitati e dipartimenti del Partito si diffusero in tutta la Cina e venivano costituiti a livello di villaggio e di municipalità. Le sezioni locali erano le bocche che trasmettevano le istruzioni del PCC provenienti dal Comitato Centrale ed erano la linea del fronte della lotta di classe, che incitava i contadini a sollevarsi contro i proprietari terrieri. Durante questa campagna morirono circa 100 mila proprietari terrieri. In certe zone il PCC e i contadini uccisero le intere famiglie dei proprietari terrieri senza badare a sesso o età, come mezzo per spazzare via completamente la classe dei proprietari terrieri.
Nel frattempo il PCC lanciava la sua prima ondata di propaganda dichiarando che il “presidente Mao è il grande salvatore del popolo” e che “solo il PCC può salvare la Cina”. Durante la riforma agraria, i contadini diseredati ottennero ciò che volevano con poca fatica. I contadini poveri davano credito al PCC per il miglioramento della loro vita e così accettarono la propaganda del PCC secondo cui il Partito lavorava nell’interesse del popolo.
Per i nuovi proprietari delle terre i bei giorni della “terra a chi la coltiva” sarebbero durati poco. Nel giro di due anni il PCC impose una serie di prassi che si chiamavano gruppi di mutuo soccorso, comuni di base, comuni avanzate, e comuni del popolo. Usando lo slogan che criticava “le donne dai piedi legati” – cioè, coloro che andavano piano – il PCC condusse e spinse, anno dopo anno, i contadini a “infrangersi” contro il socialismo reale. Con le granaglie, il cotone e l’olio da cucina messi sotto un sistema di compravendita unificato a livello nazionale, i principali prodotti agricoli furono esclusi dal libero mercato. Inoltre, il PCC stabilì un sistema d’anagrafe residenziale impedendo ai contadini di andare nelle città per cercare lavoro o per soggiornarvi. Coloro che registravano la loro residenza nelle aree rurali non potevano comprare cereali nei magazzini statali e ai loro figli veniva proibito di istruirsi in città. I figli dei contadini potevano essere solo contadini, e così 360 milioni di residenti nelle aree rurali, nei primi anni 50, diventarono cittadini di seconda classe.
A cominciare dal 1978, nei primi cinque anni, dopo essere passati da un sistema di vita in comune a un sistema a contratto familiare, le entrate dei contadini aumentarono leggermente e la loro condizione sociale in qualche modo migliorò. Tuttavia, questi magri benefici presto andarono persi per colpa di funzionari agrari corrotti e dello squilibrio nei prezzi tra i beni agricoli e quelli industriali. Come risultato di tutto ciò oggi 900 milioni di contadini sono caduti di nuovo nella più nera povertà, mentre il resto della popolazione cinese ha migliorato il proprio standard di vita attraverso le riforme economiche. La differenza fra le entrate della popolazione urbana e quella rurale è drasticamente aumentata e continua ad aumentare. Nuovi proprietari terrieri e nuovi contadini ricchi sono emersi andando a rimpiazzare quelli eliminati dal programma di riforma agraria. Dati provenienti dall’agenzia stampa Xinhua, portavoce del Governo, ci informano che dal 1997 le entrate dei contadini nelle aree principali di produzione di cereali e quelle delle famiglie agricole sono rimaste ferme e, in alcuni casi, hanno subito un declino.
Il rapporto tra le entrate urbane e quelle rurali è aumentato dal valore di 1,8 a 1 a metà degli anni 80 ad un rapporto di 3,1 a 1 stando a oggi.
2. Riforme nell’industria e nel commercio: eliminare la classe capitalista
Un’altra classe che il PCC voleva eliminare era la borghesia nazionale, che deteneva il capitale nelle città e nei paesi rurali. Mentre riformava l’industria e il commercio, il PCC dichiarava che la classe capitalista e la classe lavoratrice erano per natura diverse: la prima era una classe sfruttatrice, mentre la seconda era una classe non-sfruttatrice. Secondo questa logica, la classe capitalista era nata per sfruttare e non poteva smettere di farlo fino alla sua morte; poteva solo essere eliminata, non riformata. Con tali premesse il PCC usò sia gli omicidi che il lavaggio del cervello per “trasformare” capitalisti e mercanti.
Venne impiegato il metodo del PCC, a lungo testato, di sostenere gli obbedienti e distruggere coloro che erano in disaccordo. Se qualcuno si arrendeva, lasciando i propri averi allo Stato e sostenendo il PCC, veniva considerato un problema minore tra le persone. Se invece qualcuno dissentiva o si lamentava delle direttive del PCC, veniva etichettato come reazionario e diventava l’obbiettivo della dittatura draconiana del PCC.
Durante il regno del terrore che seguì queste riforme, capitalisti e proprietari di aziende consegnarono tutti i loro beni. Molti di loro non poterono sopportare l’umiliazione e si suicidarono. Chen Yi, allora sindaco di Shanghai, chiedeva ogni giorno: “Quanti paracadutisti abbiamo avuto oggi?” riferendosi al numero di capitalisti che si erano tolti la vita saltando dal tetto degli edifici quel giorno. Ecco come il PCC eliminò velocemente la proprietà privata in Cina.
Mentre portava avanti le riforme terriere ed economiche, il PCC lanciò molte campagne massicce di persecuzione contro il popolo cinese. Queste campagne includevano la repressione dei “contro-rivoluzionari”, le campagne di riforma ideologica, la ripulitura dalla cricca anti-PCC guidata da Gao Gang e Rao Shushi [3], e l’indagine sul gruppo “contro-rivoluzionario” di Hu Feng [4], le “Tre Anti Campagne”, le “Cinque Anti Campagne” e l’ulteriore epurazione degli elementi “contro-rivoluzionari”.
Il PCC utilizzò questi movimenti per mettere nel mirino e perseguitare brutalmente molte persone innocenti. In ogni movimento politico, il PCC utilizzò a pieno il suo controllo delle risorse governative, insieme ai comitati di Partito, alle branche e alle sotto-branche. Tre membri del partito formavano una piccola forza d’assalto che si infiltrava in tutti i villaggi e circondari. Queste forze d’assalto erano ovunque e non dimenticavano di guardare nemmeno sotto a una pietra. Questa rete di controllo profondamente radicata, ereditata dagli anni della guerra del PCC col Giappone e con il Kuomintang (Partito Nazionalista, KMT), ha da allora giocato un ruolo chiave nelle successive campagne politiche.
3. Repressione violenta delle religioni e dei gruppi popolari
Un’altra atrocità commessa dal PCC è stata la brutale repressione delle religioni e la completa messa al bando di tutti i gruppi popolari dopo la fondazione della Repubblica Popolare Cinese. Nel 1950 il PCC diede istruzioni ai governi locali di mettere al bando tutte le fedi religiose non ufficiali e le società segrete. Il PCC affermò che quei gruppi sotterranei “feudali” erano dei meri strumenti nelle mani dei proprietari terrieri, dei contadini ricchi, dei reazionari e degli agenti speciali del KMT, rendendoli così dei nemici del PCC. In una brutale repressione su scala nazionale il Governo mobilitò le classi fidate per identificare e perseguitare gli appartenenti ai gruppi religiosi. I governi a vari livelli furono direttamente coinvolti per smantellare questi “gruppi superstiziosi”, come le comunità cristiane, cattoliche, taoiste e buddiste. Ordinarono a tutti i membri di queste chiese, templi e gruppi religiosi di registrarsi presso le agenzie governative e di pentirsi per le loro attività non autorizzate. In mancanza di ciò, sarebbero seguite delle severe punizioni. Nel 1951 il governo promulgò formalmente dei regolamenti, minacciando con la prigione a vita o la pena di morte coloro che continuavano le loro attività in gruppi non autorizzati.
Questo movimento perseguitò un vasto numero di credenti gentili e rispettosi della legge. Delle statistiche incomplete indicano che il PCC negli anni 50 perseguitò, pena di morte inclusa, almeno 3 milioni di credenti e membri di gruppi clandestini. Il PCC frugò praticamente in ogni casa in tutto il Paese, interrogando tutti i membri delle famiglie, fracassando addirittura le statuette della Divinità della Cucina, che tradizionalmente si venerava nelle case dei contadini. Le esecuzioni capitali rinforzarono il messaggio che l’ideologia del PCC era l’unica legittima ed era l’unica fede accettabile. Presto nacque il concetto di credente “patriottico”. La costituzione del Paese proteggeva solo i credenti “patriottici”. La realtà era che qualunque fosse la religione in cui uno credeva, esisteva solo un unico criterio: dovevi seguire le direttive del PCC e dovevi riconoscere che il PCC stava al di sopra di tutte le religioni. Se tu eri cristiano il PCC era il Dio dei cristiani. Se eri buddista il PCC era il Budda maestro del Maestro Budda. Per i musulmani il PCC era l’Allah d’Allah. Quando poi si trattò del caso del Budda Vivente dei buddisti tibetani, il PCC intervenne e scelse lui stesso chi avrebbe dovuto essere il Budda Vivente. Tutto ciò sottintende una cosa sola: il PCC non ti lasciava nessuna scelta se non dire e fare ciò che il PCC stesso ti chiedeva di dire e fare. Tutti i credenti furono obbligati a portare avanti gli obbiettivi del PCC, mentre apparentemente sostenevano le loro fedi, ma solo nominalmente. Non agendo in questo modo saresti diventato l’obbiettivo della repressione violenta e della dittatura del PCC.
Secondo un rapporto del 22 febbraio 2002 da parte della rivista online Humanity and Human Rights, 20 mila cristiani tennero un sondaggio fra i 560 mila cristiani nelle loro chiese in 207 città di 22 province. L’inchiesta rivelò che fra chi frequentava le chiese, 130 mila erano sotto sorveglianza governativa. Nel libro “Come il Partito Comunista Cinese ha perseguitato i cristiani” [5] si dichiara che giunti al 1957, il PCC aveva ucciso più di 11 mila aderenti a religioni e aveva arrestato arbitrariamente ed estorto denaro a molti di più. Eliminando la classe dei proprietari terrieri e dei capitalisti e perseguitando un vasto numero di credenti e di gente rispettosa della legge, il PCC spazzò la strada perché il Comunismo diventasse la religione onnicomprensiva della Cina.
4. Il Movimento Anti-Destra: lavaggio del cervello su scala nazionale
Nel 1956 un gruppo di intellettuali ungheresi formò il Circolo Petofi che era critico nei confronti del governo ungherese e che partecipò a forum e dibattiti. Il gruppo innescò una rivoluzione a livello nazionale che fu repressa nel sangue dai soldati sovietici. Mao Zedong prese questi fatti come una lezione. Nel 1957 chiamò gli intellettuali cinesi e altri non-comunisti invitandoli ad “aiutare il PCC a rettificarsi”. Questo movimento, chiamato per brevità “Movimento dei Cento Fiori”, seguì lo slogan del “lasciare che i cento fiori sboccino e che le cento scuole di pensiero si confrontino”. Il suo scopo era quello di stanare “gli elementi anti-Partito fra il popolo”. In questa lettera del 1957 ai segretari provinciali del Partito, Mao Zedong rivelò la sua intenzione di “far uscire i serpenti dalle proprie tane” lasciando che esprimessero liberamente i loro punti di vista per aiutare il PCC a rettificarsi.
Gli slogan del tempo invitavano la gente a esprimersi liberamente senza timore di ritorsioni – il Partito “non aprirà un conto, non colpirà con una mazza, non farà indossare un cappello e non farà le pulci”. Eppure più tardi il PCC iniziò un movimento “anti-reazionario”, dichiarando “reazionari” 540 mila persone che avevano avuto il coraggio di parlare. Fra questi, 270 mila persero il loro lavoro statale e 230 mila furono etichettati “mezzi-reazionari” o “elementi anti-socialisti”. I trucchi politici di Mao Zedong nel perseguitare la gente includevano: convincere le voci dissidenti del fatto che potevano parlare liberamente, inventare reati, condannare senza processo e affermare di star salvando la gente mentre in realtà la si stava spietatamente attaccando.
Quali erano queste “parole reazionarie” che costarono a così tanti “reazionari” e anti-comunisti l’esilio per quasi 30 anni in angoli sperduti del Paese? Le “Tre principali teorie reazionarie”, i bersagli degli assalti generalizzati e massicci di allora, consistevano nei pochi discorsi di Luo Longji, Zhang Bojun e Chu Anping. Esaminando da vicino ciò che proponevano e suggerivano si vede che le loro aspettative erano piuttosto benevole.
Luo suggerì di formare una commissione congiunta del PCC e di vari partiti “democratici” per investigare sulle deviazioni nella “Campagna contro i Tre Anti” e nella “Campagna contro i Cinque Anti” e nei movimenti per eliminare i reazionari. Il Consiglio di Stato stesso presentò spesso qualcosa al Comitato Consultivo Politico e al Congresso del Popolo per osservazioni e commenti, e Zhang suggerì che il Comitato Consultivo Politico e il Congresso del Popolo dovessero essere inclusi nel processo di formulazione delle decisioni.
Chu suggerì che, siccome anche tra i non-membri del PCC c’erano persone con buone idee, autostima e senso di responsabilità, non c’era alcun bisogno di assegnare, in tutto il Paese, a capo d’ogni unità di lavoro, grande o piccola, o addirittura per ogni squadra in ogni unità di lavoro, un membro del PCC. Non c’era neppure alcun bisogno che ogni cosa, grande o piccola che fosse, doveva essere fatta nel modo suggerito dai membri del PCC. Tutti e tre avevano espresso la buona disposizione a seguire il PCC e nessuno dei loro suggerimenti era andato oltre i limiti segnati dalle famose parole dello scrittore e critico Lu Xun [6] (1881-1936): “Mio maestro, il tuo abito si è sporcato. Per favore toglitelo e io te lo pulirò”. Proprio come in Lu Xun le loro parole esprimevano docilità, sottomissione e rispetto.
Nessuno dei “reazionari” aveva suggerito che il PCC dovesse essere rovesciato; tutto ciò che avevano offerto era una critica costruttiva. Eppure, proprio a causa di quei suggerimenti, decine di migliaia di persone persero la libertà. Ciò che seguì furono delle ulteriori campagne come: “confidare al PCC”, scovare gli irriducibili, la nuova campagna dei “Tre Anti”, che mandava gli intellettuali nelle campagne a fare lavori pesanti e i movimenti per catturare quelli “di destra” che erano sfuggiti al primo giro. Chiunque aveva disaccordi con il capo del posto di lavoro, specialmente se si trattava di un segretario del Partito, veniva etichettato come anti-PCC. Il PCC sottoponeva spesso queste persone a una critica costante o li mandava nei campi di lavoro per la rieducazione forzata. A volte il Partito traslocava intere famiglie nelle campagne, impediva ai figli di andare alle scuole superiori o nelle forze armate. Non potevano richiedere di essere assunti nelle città o nei paesi. Le famiglie perdevano la sicurezza di un lavoro o i benefici dell’assistenza sanitaria. Venivano arruolati nelle file dei contadini e diventavano degli emarginati persino fra i cittadini di seconda classe.
Dopo la persecuzione degli intellettuali, alcuni eruditi svilupparono una doppia personalità. Seguirono da vicino il “Sole rosso” (cioè Mao) e divennero gli “intellettuali di corte” del PCC, facendo e dicendo tutto ciò che il PCC chiedeva. Alcuni altri semplicemente presero le distanze dalle questioni politiche. Gli intellettuali cinesi, che tradizionalmente avevano avuto un forte senso di responsabilità verso la nazione, vennero zittiti da lì in poi.
5. Il Grande balzo in avanti: creare menzogne per verificare la fedeltà della gente
Dopo il Movimento Anti-Reazionario, la Cina ha cominciato a temere la realtà oggettiva. Tutti, in qualche modo dovevano ascoltare menzogne, raccontare bugie, inventare storie false ed evitare e coprire la verità attraverso menzogne e dicerie. Il Grande Balzo in Avanti è stato un esercizio del raccontare bugie su scala nazionale. Il popolo dell’intero Paese, sotto la direzione dello spettro malvagio del PCC, fece molte cose ridicole. Sia chi raccontava che chi subiva le menzogne veniva tradito. In questa campagna di menzogne e di azioni ridicole, il PCC impiantò la sua energia malvagia e violenta dentro le menti degli intellettuali. In quei tempi molti cantavano la canzone che promuoveva il Grande Balzo in Avanti: “Io sono il Grande Imperatore di Giada, sono il Re Dragone, posso muovere le montagne e i fiumi, ecco che arrivo” [7]. Direttive come “raggiungere una produzione cerealicola di 75 kg per ettaro”, “raddoppiare la produzione dell’acciaio”, “Superare la Gran Bretagna in 10 anni e gli USA in 15” venivano eseguite anno dopo anno. Queste direttive provocarono una grande carestia, diffusa in tutto il paese, che costò milioni di vite.
Durante il vertice del 1959 tutti i partecipanti pensarono che l’opinione del Generale Peng Dehuai [8] fosse corretta e che il Grande Balzo in Avanti iniziato da Mao Zedong fosse una follia. Tuttavia nessuno ebbe il coraggio di dire nulla. La decisione di sostenere la direttiva di Mao o meno tracciava il confine tra l’essere leale oppure un traditore, la linea fra la vita e la morte. Nella storia antica, quando Zhao Gao [9] affermò che un cervo era un cavallo, lui conosceva la differenza fra un cervo e un cavallo, ma fece apposta a commettere l’errore per verificare e controllare l’opinione pubblica. Il risultato del vertice di Lushan fu che persino Peng Dehuai fu obbligato a firmare una risoluzione che lo condannava ad auto-eliminarsi dal governo centrale. Similmente, anni più tardi, negli anni della Rivoluzione Culturale, Deng Xiaoping fu obbligato a garantire che non si sarebbe mai appellato contro la decisione del governo di rimuoverlo dal suo posto.
La società si basa sull’esperienza passata per comprendere il mondo ed espandere i propri orizzonti. Tuttavia, il PCC ha impedito al popolo di imparare dall’esperienza storica e dalle lezioni della storia. La censura ufficiale dei media ha solo aiutato a ridurre ancora di più la capacità della gente di distinguere il giusto dallo sbagliato. Durante i movimenti del passato, ogni generazione sentiva soltanto il punto di vista del Partito e non aveva nessuna idea circa le scuole di pensiero d’opposizione. Come risultato, i nuovi movimenti erano giudicati in base a una conoscenza molto limitata della storia. Il PCC si è affidato alla censura per mantenere la gente nell’ignoranza, così da poter mettere in atto la sua ideologia spesso violenta.
6. La Rivoluzione Culturale: mettere il mondo a soqquadro
Non si può discutere della possessione della Cina da parte dello spettro malvagio del PCC senza prendere in considerazione la Grande Rivoluzione Culturale. Nel 1966 ebbe luogo in Cina una nuova ondata di violenze; il terrore rosso andò fuori controllo e coprì ogni angolo del Paese. Lo scrittore Qin Mu ha descritto la Rivoluzione Culturale a tinte cupe:
«Fu veramente un disastro senza limiti: [il PCC] ne imprigionò a milioni solo per i rapporti con membri della famiglia sotto tiro, terminò la vita di altri milioni, distrusse famiglie, trasformò i ragazzini in teppisti e delinquenti, bruciò i libri, ridusse in polvere antichi monumenti e distrusse antiche tombe di intellettuali, commettendo ogni genere di crimini nel nome della rivoluzione».
Stime al ribasso collocano il numero dei decessi non per cause naturali in Cina durante la Rivoluzione Culturale a 7,73 milioni.
La gente spesso pensa erroneamente che violenze e massacri durante la Grande Rivoluzione Culturale accaddero principalmente durante i movimenti di ribellione, e che furono le Guardie Rosse [10] e i ribelli a commettere i massacri. Tuttavia, migliaia di annuari dei comuni cinesi ufficialmente pubblicati indicano che il picco di morti innaturali durante la Rivoluzione Culturale non si ebbe nel 1966, quando le Guardie Rosse controllavano la maggior parte delle organizzazioni governative, o nel 1967 quando i ribelli combatterono, armati, in vari gruppi, ma piuttosto nel 1968 quando Mao riprese il controllo dell’intero Paese. Gli assassini, in quei casi infami, erano spesso ufficiali dell’esercito e soldati, miliziani armati e membri del PCC a tutti i livelli del Governo.
Gli esempi seguenti illustrano come la violenza durante la Rivoluzione Culturale fu la regola del PCC e del governo cinese e non il comportamento estremo e irregolare delle Guardie Rosse. Il PCC ha coperto il suo coinvolgimento diretto nella campagna e le istruzioni date dai capi del Partito e dai funzionari governativi.
Nell’agosto del 1966 le Guardie Rosse espellevano da Pechino nelle aree rurali i residenti che erano stati classificati nelle campagne passate “proprietari terrieri, contadini ricchi, reazionari, cattivi elementi e destrorsi”. Alcune statistiche ufficiali incomplete mostrano che furono setacciate 33.695 case e 85.196 abitanti di Pechino furono espulsi dalla città verso le campagne da dove provenivano le loro generazioni precedenti. Le Guardie Rosse in tutto il paese portarono avanti questa direttiva espellendo 444 mila residenti urbani verso le campagne. Persino dei funzionari d’alto rango i cui genitori erano stati proprietari terrieri dovettero affrontare l’esilio nelle campagne.
In realtà il PCC aveva pianificato la campagna d’espulsioni ancor prima che la Rivoluzione Culturale cominciasse. Il precedente sindaco di Pechino Peng Zhen dichiarò che i residenti di Pechino dovevano essere ideologicamente puri come “pannelli di vetro e di cristallo”, intendendo con ciò che tutti i residenti con una classificazione politica cattiva (cioè, i cui parenti erano stati etichettati “proprietari terrieri, contadini ricchi, reazionari, cattivi elementi e destrorsi”), dovevano essere espulsi dalla città. Nel maggio 1966, Mao raccomandò ai suoi subordinati di “proteggere la capitale” e di stabilire un gruppo di lavoro, guidato da Ye Jianying, Yang Chengwu e Xie Fuzhi. Uno dei compiti di questo gruppo era quello di usare la polizia per espellere quei residenti di Pechino con una classificazione politica negativa.
La storia aiuta a chiarire perché il Governo e i dipartimenti di polizia non intervennero, ma piuttosto sostennero le Guardie Rosse nella loro ricerca casa per casa, che portò all’espulsione di più del 2 per cento degli abitanti di Pechino. Il ministro della Pubblica Sicurezza, Xie Fuzhi, chiese alla polizia di non intervenire per reprimere le azioni delle Guardie Rosse, ma piuttosto di fornir loro consigli ed informazioni. Le Guardie Rosse furono semplicemente utilizzate dal Partito per eseguire un’azione già pianificata, e poi, alla fine del 1966, queste Guardie Rosse furono abbandonate dal PCC. Molti di loro vennero etichettati come controrivoluzionari e imprigionati e altri vennero inviati nelle campagne, assieme alla gioventù urbana, per lavorare e per riformare il loro pensiero.
L’organizzazione “Guardia Rossa del Paese dell’Ovest”, che fu alla guida dell’espulsione dei residenti nella città, venne stabilita sotto la guida “amorevole” dei leader del PCC. L’ordine di incriminare quelle Guardie Rosse venne anch’esso emanato dopo essere stato sottoposto all’attenzione del segretario generale del Consiglio di Stato.
A seguito dell’allontanamento nelle campagne dei residenti di Pechino con una cattiva classificazione politica, le aree rurali diedero inizio a una nuova ondata di persecuzione dei ‘cattivi elementi’. Il 26 Agosto 1966 fu passato al Dipartimento di Polizia di Daxing, durante un loro incontro di lavoro, un discorso di Xie Fuzhi. Xie ordinò alla polizia di aiutare le Guardie Rosse nella loro ricerca casa per casa delle “cinque classi nere” (proprietari terrieri, contadini ricchi, reazionari, cattivi elementi e destrorsi) fornendo consigli e informazioni e aiutandole nei loro raid.
L’infame massacro di Daxing [11] partì direttamente dalle istruzioni del dipartimento di polizia. Gli organizzatori erano il direttore e il segretario del PCC del dipartimento di polizia, e gli assassini erano principalmente miliziani, che non risparmiarono nemmeno i bambini.
Molti furono ammessi nel PCC grazie alla loro “buona condotta” durante il massacro. In base alle statistiche incomplete della provincia del Guangxi, furono coinvolti nel massacro circa 50 mila membri del PCC. Fra loro più di 9 mila furono ammessi nel Partito entro un breve periodo di tempo, dopo aver ucciso qualcuno. In più di 20 mila commisero omicidi dopo essere stati ammessi nel Partito e più di altri 19 mila membri del Partito avevano avuto a che fare, in un modo o nell’altro, con gli omicidi.
Durante la Grande Rivoluzione Culturale, la teoria di classe fu applicata anche ai pestaggi. I cattivi si meritavano di essere picchiati dai buoni. Era onorevole per una cattiva persona picchiarne un’altra cattiva. Era una cattiva comprensione se una persona ne picchiava un’altra buona. Questa teoria inventata da Mao fu diffusa ampiamente nei movimenti ribelli. Violenze e massacri si diffusero ampiamente come risultato del pensiero che i nemici della lotta di classe meritavano di subire qualsiasi violenza.
Dal 13 agosto al 7 ottobre 1967, i miliziani massacrarono i membri dell’organizzazione “Vento e Tuono” di Xiangjiang e delle “cinque classi nere” nel Comune di Dao della Provincia dell’Hunan. I massacri durarono per 66 giorni; furono uccise più di 4.519 persone in 2.778 gruppi familiari in 468 brigate (villaggi amministrativi) di 36 comunità popolari in 10 distretti. In quell'area furono uccise 9.093 persone, di cui il 38 per cento apparteneva alle “cinque classi nere” e il 44 per cento erano figli delle “cinque classi nere”. La persona più anziana uccisa aveva 78 anni e la più giovane 10.
Questo è solo uno dei casi avvenuti durante la Rivoluzione Culturale in una piccola zona. Nella Mongolia interna, dopo la formazione dei “comitati rivoluzionari” agli inizi del 1968, decine di migliaia di persone parteciparono nella Provincia di Guanxi ai massacri di massa della “organizzazione 422”, uccidendo più di 110.000 persone.
Questi eventi indicano che i casi principali di uccisioni violente durante la Rivoluzione Culturale avvenivano tutti sotto l’istigazione diretta dei capi del PCC che utilizzavano la violenza, e la permettevano, per perseguitare e uccidere i cittadini.
Durante la Riforma agraria il PCC usò i contadini per rovesciare i proprietari terrieri e ottenere le terre, durante la Riforma Industriale e Commerciale usò la classe operaia per rovesciare i capitalisti e ottenere le loro proprietà, e durante la Campagna Anti-Reazionaria il PCC eliminò gli intellettuali che avevano opinioni diverse: questo genere di lotte fra il popolo durante la Rivoluzione Culturale mostrava che non ci si poteva fidare di nessuna classe. Anche se eri un lavoratore oppure un contadino utilizzato dal Partito, se un tuo punto di vista differiva da quello del Partito, la tua vita sarebbe stata in pericolo. Quindi, alla fine, per che scopo accadeva tutto ciò?
Lo scopo era quello di stabilire il comunismo come la religione assoluta e unica, che comprendeva ogni cosa, su tutto il Paese, controllando non solo i corpi, ma anche le menti.
La Rivoluzione Culturale spinse il PCC e il culto della personalità di Mao Zedong ai loro massimi. La teoria di Mao doveva essere usata per dominare ogni cosa e la visione di una persona doveva essere inculcata in decine di milioni di menti. Ciò che è stato unico della Grande Rivoluzione Culturale era che volutamente non specificava ciò che non poteva essere fatto. Invece l’enfasi cadeva su “ciò che si può fare e come farlo”. Tutto ciò che usciva da quei confini non poteva nemmeno venir considerato.
Durante la Rivoluzione Culturale, tutti nel Paese eseguivano un rituale di tipo religioso: “Chiedi istruzioni al mattino e fai rapporto la sera”. Ogni giorno, manda parecchie volte i tuoi auguri rispettosi al Presidente Mao, augurandogli una sconfinata longevità. Pressoché ogni persona letterata ha avuto l’esperienza di scrivere dichiarazioni d’auto-critica e rapporti sui suoi pensieri. Le citazioni di Mao come “combatti ferocemente contro ogni singolo pensiero d’egoismo” e “esegui le istruzioni sia che tu ne comprenda il fine o no, comprendile di più nel corso della loro esecuzione” erano ripetute frequentemente.
C’era un solo “dio” (Mao) che poteva essere adorato; era permesso studiare un solo genere di scritture (gli insegnamenti di Mao). La cosa arrivò presto al punto che non si poteva comprare cibo in una mensa se non si recitava una citazione o non si facevano gli auguri a Mao. Quando si faceva la spesa, si prendeva l’autobus, o addirittura si faceva una telefonata, si dovevano recitare delle citazioni di Mao, anche se non c’entravano niente. Nell’agire così le persone erano o fanatiche o ciniche, e tutti erano già sotto il controllo dello spettro malvagio comunista. Mentire, tollerare le menzogne e affidarsi alle menzogne divenne parte della vita del popolo cinese.
7. L’era della riforma economica
Quello della Rivoluzione Culturale è stato un periodo pieno di sangue, omicidi, soprusi, perdita del senso di ciò che è bene e di ciò che è male e ribaltamento del bianco e del nero. Dopo la Rivoluzione Culturale le posizioni al vertice erano come una porta girevole, e il PCC con il suo governo cambiarono sei leader in 20 anni. In Cina ritornò la proprietà privata, la disparità fra le condizioni di vita nelle città e nelle campagne, si allargarono drammaticamente le zone desertiche, alcuni fiumi sparirono e aumentò la diffusione di droghe e prostituzione. Tutti i “crimini” contro cui il PCC aveva combattuto ora erano di nuovo permessi.
Il cuore spietato del PCC, la sua natura subdola, le sue azioni malvagie e la sua capacità di portare disgrazie al Paese aumentarono. Durante il Massacro di Tiananmen del 1989 il Partito mobilitò l’esercito e i carri armati per uccidere gli studenti che protestavano in Piazza Tiananmen. La malvagia persecuzione contro i praticanti del Falun Gong è stata persino peggio. Il potere politico del governo cinese si basa ancora sulla filosofia del PCC della lotta e dell’uso della violenza. È solo diventato più ingannevole.
Legiferare
Il PCC non ha mai smesso di creare conflitti fra il popolo. Furono condannate un gran numero di persone con l’accusa d’essere reazionarie, anti-socialiste, cattivi elementi e membri di culti malvagi. La natura totalitaria del PCC continua a mettersi in conflitto con tutti gli altri gruppi ed organizzazioni civili. Nel nome del mantenere la “stabilità sociale” ha continuato a cambiare la costituzione, le leggi e i regolamenti, e ha perseguitato come reazionario chiunque fosse in disaccordo con il governo.
Nel luglio del 1999 Jiang Zemin prese la decisione personale, contro la volontà dei membri del Politburo, di eliminare il Falun Gong in tre mesi; diffamazioni e menzogne pervasero di nuovo il Paese. Dopo che Jiang Zemin, in un’intervista a un media francese, denunciò il Falun Gong come un “culto malvagio”, la macchina propagandista cinese seguì pubblicando articoli che incitavano tutta la popolazione a mettersi contro il Falun Gong. Alla fine il Congresso Nazionale del Popolo fu obbligato a prendere una “decisione” generica riguardo ai culti malvagi; subito dopo la Corte Suprema del Popolo insieme alla Procura Suprema del Popolo pubblicarono una “spiegazione” della “decisione”.
Il 22 luglio 1999 l'agenzia stampa Xinhua pubblicò alcune dichiarazioni dei capi del Dipartimento Organizzativo e del Dipartimento della Propaganda che pubblicamente sostenevano la persecuzione di Jiang contro il Falun Gong. Il popolo cinese fu invischiato nella persecuzione semplicemente perché era una decisione presa dal Partito; potevano solo obbedire agli ordini del Partito e non osare sollevare alcuna obiezione.
Nel corso degli ultimi cinque anni il Governo ha utilizzato un quarto delle risorse finanziarie nazionali per perseguitare il Falun Gong. Tutti nel Paese hanno dovuto superare un test; chiunque ammetteva di praticare il Falun Gong e rifiutava di smettere di praticarlo avrebbe perso il suo lavoro e sarebbe stato condannato ai lavori forzati. I praticanti del Falun Gong non avevano fatto nulla di male, non avevano tradito il Paese, né si erano mossi contro il Governo; essi credevano solo in “Verità, Compassione, Tolleranza”. Eppure furono imprigionati a centinaia di migliaia. Sebbene le informazioni siano pesantemente censurate, grazie alla conferma delle loro famiglie si sa che più di 1.143 [12] persone sono state torturate a morte e il numero delle morti non confermate è addirittura più elevato.
Trasmissione delle notizie
Il 15 ottobre 2004, il giornale Wenweipa, con sede a Hong Kong, riportò che il 20° satellite lanciato dalla Cina era ricaduto sulla Terra, sulla casa di Huo Jiyu della città di Penglai, comune di Dayin in provincia di Sichuan, distruggendola. La notizia citava il direttore governativo comunale Ai Yuqing, il quale confermava che “l’oggetto scuro” era il satellite. Ai era anche il vicedirettore locale del progetto di recupero del satellite. Tuttavia l’agenzia Xinhua riportava l’ora del rientro del satellite, enfatizzando che era il 20° satellite sperimentale tecnico-scientifico a ritornare in Cina. La Xinhua non diceva nulla della distruzione della casa provocata dal satellite. Questo è un esempio tipico della pratica comune del modo di riportare solo le buone notizie da parte dei media, nascondendo, su istruzioni del Partito, quelle cattive.
Menzogne e diffamazioni pubblicate dai giornali e diffuse dalla televisione hanno fortemente aiutato l’esecuzione delle direttive del PCC in tutte le campagne politiche del passato. Agli ordini del Partito tutti i media del Paese riportavano tutto ciò che il Partito voleva che riportassero. Quando il Partito vuole dare inizio a una campagna anti-reazionaria, i media di tutto il Paese cominciano a riportare i crimini dei reazionari. Quando il Partito voleva organizzare le comuni del popolo, l’intera nazione cominciò a lodare le virtù delle comuni del popolo. Nel corso del primo mese di persecuzione contro il Falun Gong, tutti i media cominciarono a diffamare ripetutamente il Falun Gong nelle ore di punta. Ciò includeva lo sforzo di incitare l’odio della nazione contro il Falun Gong riportando notizie false su praticanti che commettevano omicidi o suicidio. Un esempio di questi rapporti falsi è la messa in scena dell’episodio della “Auto-Immolazione a Tiananmen”, che fu criticata dalla ONG International Educational Development presso le Nazioni Unite a Ginevra proprio come una messa in scena del Governo allo scopo di ingannare la gente. Negli ultimi cinque anni, nessun giornale e nessuna TV della Cina Popolare ha diffuso un solo fatto veritiero circa il Falun Gong.
Il popolo cinese è abituato a ricevere notizie false. Un giornalista anziano dell’agenzia stampa Xinhua una volta ha detto: “Come ci si può fidare di una notizia diffusa dalla Xinhua?” La gente spesso ha descritto le agenzie stampa cinesi come i cagnolini del Partito. Ecco cosa dice una canzone popolare: “È un cane allevato dal Partito, messo a guardia del cancello del Partito. Morderà chiunque il Partito gli dica di mordere, e morderà tante volte quante il Partito gli chiederà”.
Istruzione
In Cina l’istruzione è diventato un altro strumento usato per controllare la gente. Lo scopo originale dell’istruzione era di formare gli intellettuali perché avessero sia conoscenza che capacità di giudizio. La conoscenza si riferisce alla comprensione di informazioni, materiali ed eventi storici; il giudizio si riferisce al processo di analizzare, indagare, criticare e ricreare una tale conoscenza, nel processo di sviluppare una mente indipendente. Quelli che hanno conoscenza, ma senza il supporto del giudizio, sono chiamati topi di biblioteca. Gli intellettuali con una retta capacità di giudizio sono da sempre considerati la coscienza della società nella storia della Cina. Tuttavia, sotto il controllo del PCC, possono essere trovati ovunque intellettuali cinesi dotati di conoscenza ma senza capacità di giudizio, oppure senza il coraggio di esercitarla.
L’istruzione a scuola si focalizza sull’insegnare agli studenti a non fare le cose che il Partito non vuole che loro facciano. Negli anni recenti tutte le scuole hanno cominciato ad insegnare la politica e la storia del PCC su libri di testo unificati. Gli insegnanti non credono al contenuto del testo, eppure lo devono insegnare contro la loro volontà. Gli studenti non credono al testo o ai loro insegnanti, eppure devono ricordare tutto ciò che il testo contiene, altrimenti non passeranno gli esami. Recentemente negli esami d’ammissione per scuole superiori e università, sono state incluse domande sul Falun Gong. Quegli studenti che non sanno le risposte modello prendono un basso punteggio e perdono la possibilità di entrare in una scuola di buon livello. Se uno studente osa dire la verità sarà espulso immediatamente dalla scuola e perderà la possibilità di istruirsi.
Nel sistema di pubblica istruzione, a causa delle interferenze dei giornali e dei documenti, molti proverbi molto ben conosciuti come: “Noi abbracciamo tutto ciò a cui obietta il nostro nemico; noi obiettiamo tutto ciò che il nostro nemico abbraccia” vengono presi come verità. L’effetto negativo si diffonde ampiamente: ha avvelenato i cuori della gente, soppiantando la benevolenza e distruggendo la virtù del vivere in pace e armonia.
Nel 2004 il Centro Informazioni della Cina ha analizzato un’inchiesta fatta da China Sina Net che mostrava come l’82,6 per cento dei cinesi erano d’accordo con il fatto che, durante una guerra, si poteva abusare di donne, bambini e prigionieri. Il risultato è scioccante. Ma riflette il modo di pensare dei Cinesi, specialmente quello delle generazioni più giovani, che mancano di una comprensione di base del governare con benevolenza e umanità.
L’11 settembre 2004 un fanatico ha accoltellato 28 bambini nella città di Suzhou. Il 20 dello stesso mese, un uomo nella provincia di Shandong ha ferito con un coltello 25 scolari di una scuola elementare. Alcuni maestri di scuola elementare hanno forzato degli scolari a fabbricare a mano dei petardi per raccogliere fondi per la scuola e degli scolari sono morti a seguito di un’esplosione.
Applicazione delle direttive
La leadership del PCC ha spesso usato minacce e coercizioni per garantire l’applicazione delle sue direttive. Uno dei mezzi usati sono stati gli slogan politici. Per lungo tempo il PCC ha usato una varietà di slogan da intendere come criteri per le persone con cui confrontarsi allo scopo di valutare il proprio contributo politico. Durante la Rivoluzione Culturale, Pechino divenne in un attimo un “mare rosso” pieno di striscioni. Cartelli con scritto “Abbasso i capitalisti che dominano nel Partito” erano ovunque. Ironicamente, nelle campagne i cartelli erano abbreviati e si leggevano così: “Abbasso il Partito che domina”.
Recentemente, per promuovere la Legge di Protezione delle Foreste, il Dipartimento Forestale e tutte le sue stazioni e uffici hanno fermamente ordinato la creazione di un certo numero di slogan. Non raggiungere questo numero sarebbe stato visto come un lavoro incompleto. Come risultato molti uffici governativi locali hanno affisso un gran numero di slogan del tipo: “Chiunque incendi le montagne andrà in prigione”.
Nei recenti progetti di controllo delle nascite c’erano degli slogan che mettevano ancor più paura: “Se una sola persona viola la legge, l’intero villaggio verrà sterilizzato”, “Meglio un’altra tomba che un altro bambino”, oppure “Se lui non ha fatto la vasectomia come doveva, abbatteremo la sua casa; se lei non ha abortito come doveva, confischeremo le sue mucche e i suoi campi di riso”. C’erano anche altri slogan che andavano contro i diritti umani e la Costituzione: “Dormirai in prigione domani se non paghi le tasse oggi”.
Uno slogan è fondamentalmente una forma di pubblicità, ma in un modo più diretto e ripetitivo. Per cui spesso il governo cinese usa gli slogan come un modo per promuovere le sue idee politiche, i suoi valori e le sue posizioni. Gli slogan politici possono essere visti anche come parole che il Governo rivolge al suo popolo. Tuttavia, in questi slogan che annunciano delle direttive, non è difficile scorgere violenza e crudeltà.
8. Lavaggio del cervello all’intero Paese
L’arma più letale del PCC usata per mantenere il suo dominio tirannico è la sua rete di controllo. In modo bene organizzato il PCC impone una mentalità d’obbedienza a ogni singolo cittadino. Non importa se si contraddice o se cambia costantemente linee guida, fintanto che può sistematicamente organizzare un modo per privare la gente dei diritti umani fondamentali. I tentacoli del Governo sono onnipresenti. Sia che si tratti di aree rurali o urbane, i cittadini sono governati dai cosiddetti comitati di quartiere o di strada. Sposarsi o divorziare, come pure avere un figlio, necessitano dell’approvazione di questi comitati. L’ideologia del Partito, il modo di pensare, le organizzazioni, le infrastrutture sociali, i meccanismi di propaganda e i sistemi amministrativi sono soltanto al servizio dei suoi fini dittatoriali. Il Partito, attraverso i sistemi di governo, si sforza di controllare i pensieri e le azioni d’ogni individuo.
La manifestazione del controllo brutale dei cittadini da parte del PCC non si limita soltanto alle torture fisiche. Esso obbliga la gente a perdere la capacità di pensare in modo indipendente e provoca nelle persone la paura di parlare. L’obbiettivo del dominio del PCC è il lavaggio del cervello dei propri cittadini e di far loro pensare e parlare come il PCC, nonché di fare in modo che loro facciano ciò che esso promuove. C’è un detto che recita così: “Le direttive del Partito sono come la luna, cambiano ogni 15 giorni”.
Non importa quanto spesso il Partito cambi le sue direttive, tutti nel Paese le devono seguire strettamente. Quando si viene usati come strumenti per colpire altri, bisogna ringraziare il Partito perché apprezza la nostra forza; quando si viene colpiti, bisogna ringraziare il Partito per “averti insegnato una lezione”; quando sei ingiustamente discriminato e il PCC poi ti ripara il torto, devi ringraziarlo per essere stato così generoso, aperto e capace di correggere il suo errore. Il PCC porta avanti la sua tirannia attraverso cicli continui di soppressioni seguite da riparazioni.
Dopo 55 anni di tirannia il PCC ha imprigionato la mente della nazione e l’ha limitata nel raggio da esso consentito. Pensare al di fuori di quella scatola è considerato un crimine. Dopo ripetute lotte la stupidità è elogiata come fosse saggezza; essere codardi è il modo per sopravvivere. In una società moderna che ha internet come flusso principale di scambio d’informazioni, il PCC chiede persino alla gente di esercitare auto-disciplina e di non leggere notizie dall’estero o di non iscriversi a un sito web con parole chiave come “diritti umani” e “democrazia”.
Il movimento del PCC per il lavaggio del cervello al suo popolo è assurdo, brutale e deplorevole, eppure onnipresente. Il PCC ha distorto i valori morali e i principi della società cinese e ha completamente riscritto gli standard di comportamento e gli stili di vita nazionali. Esso usa continuamente metodi di tortura fisica e mentale per rafforzare la sua autorità assoluta nel governare la Cina tramite l’onnicomprensiva religione del PCC.
Conclusione
Perché il PCC deve lottare costantemente per mantenere il potere? Perché il PCC crede che fintanto che esiste la vita, la conflittualità è infinita? Per raggiungere il suo obbiettivo il PCC non esita a commettere omicidi o a distruggere l’ambiente, né il PCC si preoccupa della maggioranza dei contadini e dei molti cittadini che vivono in povertà.
È per l’ideologia del Comunismo che il PCC si serve di una conflittualità infinita? La risposta è “No”. Uno dei principi del Partito Comunista è l’eliminazione della proprietà privata, cosa che cercò di fare quando giunse al potere. Il PCC credeva che la proprietà privata fosse la radice di tutti i mali. Tuttavia, dopo la riforma economica degli anni ottanta, in Cina, la proprietà privata fu nuovamente permessa e protetta dalla Costituzione. Aprendo uno squarcio nelle falsità del PCC, la gente potrà vedere chiaramente che in 55 anni di dominio il PCC ha messo semplicemente in scena una commedia per la redistribuzione delle proprietà. Dopo pochi cicli di tali redistribuzioni il PCC ha semplicemente convertito il capitale di altri nella sua proprietà privata.
Il PCC si auto-proclama “pioniere della classe lavoratrice”. Il suo compito è quello di eliminare la classe capitalista. Tuttavia ora il PCC, per legge, inequivocabilmente permette ai capitalisti di unirsi al Partito. I membri del PCC non credono più nel Partito o nel Comunismo. Ciò che è rimasto del Partito Comunista è un guscio, svuotato del suo presunto contenuto.
La lotta a lungo termine ha forse avuto lo scopo di mantenere incorruttibili i membri del PCC? No. Dopo 55 anni dalla salita al potere del PCC, corruzione, appropriazioni indebite, condotte illegali e atti che danneggiano il Paese e il popolo sono ancora ampiamente diffusi fra i funzionari del PCC in tutto il Paese. Negli anni recenti, su un totale approssimativo di 20 milioni di funzionari di partito in Cina, 8 milioni sono stati denunciati e puniti per reati inerenti la corruzione. Ogni anno un milione di persone chiedono di riferire su funzionari corrotti che non sono stati investigati. Da gennaio a settembre del 2004, il Ministero del Commercio Estero Cinese ha indagato su 35 banche e 41 società per interscambi illegali con l’estero e ha trovato 120 milioni di dollari USA di transazioni illegali. In base a statistiche recenti, numerosi funzionari governativi hanno effettuato appropriazioni indebite e rubato fondi per centinaia di milioni di dollari USA.
Le lotte avevano come scopo il miglioramento dell’educazione e della coscienza del popolo e il mantenere il popolo interessato agli affari nazionali? La risposta è un altro fragoroso “No”. Nella Cina odierna gli interessi d’ordine materiale dilagano e la gente sta perdendo la virtù tradizionale dell’onestà. Circa questioni molto importanti come i diritti umani e la persecuzione del Falun Gong molti cinesi o non se ne occupano o si rifiutano di parlarne. Tenere per sé le proprie idee e scegliere di non dire la verità è diventato uno strumento fondamentale di sopravvivenza in Cina. Nel frattempo il PCC ha ripetutamente eccitato nelle occasioni opportune i sentimenti di nazionalismo. Il PCC può, per esempio, organizzare i Cinesi per far loro gettare pietre contro l’Ambasciata USA e bruciare le bandiere USA. I Cinesi sono stati di volta in volta trattati da massa obbediente o violenta, ma mai da cittadini con diritti civili garantiti. Secondo Kang Youwei (1858-1927), un importante pensatore riformista dell’ultimo periodo Qing, i principi morali di Confucio e Mencio hanno per anni stabilito le basi dell’ordine sociale e del potere dello Stato: “Se questi principi vengono abbandonati, allora il popolo non avrà leggi da seguire e non sarà in grado di discernere il bene dal male. Perderà la bussola… Il Tao sarà distrutto” [13].
Lo scopo della lotta di classe del PCC è quello di continuare a generare caos, attraverso il quale si può fermamente auto-stabilire come l’unico e il solo partito dominante della Cina, usando l’ideologia del Partito per controllare il popolo cinese. Istituzioni governative, esercito e i nuovi media sono tutti strumenti usati dal PCC per mantenere la sua dittatura. Il PCC, avendo procurato dei mali insanabili alla Cina, è esso stesso sull’orlo della scomparsa e il suo collasso è inevitabile.
Alcune persone si preoccupano che il Paese cadrà nel caos quando il PCC andrà a pezzi. Chi prenderà il suo posto per governare la Cina? Per i 5.000 anni di storia della Cina, i soli 55 dominati dal PCC sono come una nuvola passeggera. Sfortunatamente, tuttavia, durante questo breve periodo di tempo il PCC ha frantumato i valori e le credenze tradizionali cinesi; ha distrutto i principi morali tradizionali e le strutture sociali; ha trasformato l’amore e la solidarietà fra esseri umani in critiche e odio; ha sostituito il riguardo per i cieli e la terra con l’arroganza de “l’uomo che conquista la natura”. Queste distruzioni hanno saccheggiato il sistema sociale, morale ed ecologico, lasciando la Cina in una crisi profonda.
Nella storia della Cina ogni capo benevolo ha visto come suo dovere il governare, amare, nutrire ed educare il popolo. La natura umana aspira alla gentilezza e il ruolo del governo è quello di promuovere quest’innata capacità umana. Mencio disse: “Questa è la via per il popolo: quelli che hanno mezzi costanti di sostegno avranno costanza nei loro cuori, mentre quelli senza mezzi costanti di sostegno non avranno costanza nei loro cuori”. L’educazione senza prosperità è stata inefficace; i capi tirannici che non amavano la gente ma che invece uccidevano gli innocenti sono stati disprezzati dal popolo cinese.
Nei 5.000 anni di storia cinese ci sono stati molti capi benevolenti come l’Imperatore Yao e l’Imperatore Shun nei tempi antichi, l’Imperatore Wen e l’Imperatore Wu della Dinastia Zhou, l’Imperatore Wen e l’Imperatore Jing della Dinastia Han, l’Imperatore Tang Taizong nella Dinastia Tang e l’Imperatore Kangxi e l’Imperatore Qianlong nella Dinastia Qing. La prosperità goduta sotto quelle dinastie è stata il risultato del governo che praticava il Tao celeste, seguendo la dottrina della “via di mezzo” e cercando pace e armonia. Le caratteristiche di un capo di buon cuore sono quelle di utilizzare la gente virtuosa e capace, di essere aperto alle differenti opinioni, di promuovere la giustizia e la pace e di dare al popolo ciò di cui ha bisogno. In questo modo i cittadini ubbidiranno alle leggi, manterranno un senso di decoro, vivranno felicemente e lavoreranno efficientemente.
Guardando agli affari del mondo spesso ci chiediamo chi determina la prosperità o la comparsa di uno Stato, anche se sappiamo che la crescita e la decadenza di una nazione hanno le loro ragioni. Quando il PCC non ci sarà più possiamo aspettarci che la pace e l’armonia ritorneranno in Cina. La gente tornerà ad essere sincera, benevolente, umile e tollerante, e la nazione di nuovo si occuperà dei bisogni fondamentali del popolo e tutte le professioni godranno di prosperità.
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[1] Dagli “Annali dei Cibi e dei Beni di Consumo” nella Storia della Precedente Dinastia Han (Han Shu).
[2] Qian Bocheng, Oriental Culture, quarta edizione (2000).
[3] Gao Gang e Rao Shushi erano entrambi membri del Comitato Centrale. Dopo una presa di posizione sfortunata in una lotta di potere vennero accusati di tramare per dividere il Partito e conseguentemente vennero espulsi dal Partito stesso.
[4] Hu Feng, erudito e critico letterario, si opponeva alle sterili direttive del Partito sulla letteratura. Venne espulso dal Partito nel 1955 e condannato a 14 anni di prigione. Dal 1951 al 1952 il PCC ha dato inizio alla Campagna dei Tre Anti e alla Campagna dei Cinque Anti, con lo scopo ufficiale di eliminare la corruzione, gli sprechi e la burocrazia nel Partito, nel Governo, nell’esercito e nelle organizzazioni di massa.
[5] “Come il Partito Comunista Cinese ha perseguitato i cristiani” (1958) in cinese.
[6] Lu Xun o Lu Hsün (25 settembre 1881-19 ottobre 1936) è spesso considerato il fondatore della letteratura cinese con il vernacolo moderno (Baihua). In qualità di scrittore di sinistra Lu ha lasciato un importante segno nella storia della letteratura cinese. Dopo essere tornato in Cina nel 1909 dal suo viaggio in Giappone per studi medici a Sendai, cominciò a dare lezioni all’Università di Pechino e iniziò a scrivere. I suoi libri hanno influenzato molti giovani contemporanei.
[7] Sia l’Imperatore di Giada che il Re Dragone sono personaggi mitologici cinesi. L’Imperatore di Giada, noto formalmente come l’Augusto Personaggio di Giada e informalmente chiamato da bambini e popolani come Nonno Cielo, è il dominatore del Cielo ed è tra gli Dei più importanti nel pantheon taoista cinese. I re dragoni sono i governatori celesti dei quattro mari. Ogni mare, corrispondente a una delle direzioni cardinali, è governato da un re dragone. I re dragoni vivono in palazzi di cristallo a cui fanno la guardia soldati gambero e generali granchio. Oltre a dominare la vita acquatica, i re dragoni manipolano anche le nuvole e la pioggia. Si dice che il Re Dragone del Mare Orientale abbia a disposizione il territorio più vasto.
[8] Peng Dehuai (1898-1974): generale e leader politico comunista cinese. Peng fu il comandante in capo nella Guerra di Corea, vice premier nel Consiglio di Stato, membro del Politburo e ministro della Difesa dal 1954 al 1959. Venne rimosso dalle sue posizioni ufficiali dopo essersi dichiarato in disaccordo con le posizioni di sinistra di Mao al Plenum di Lushan del 1959.
[9] Zhao Gao (data di nascita sconosciuta; morto nel 210 a.C.): Capo eunuco durante la Dinastia Qin. Nel 210 a.C. dopo la morte dell’Imperatore Qin Shi Huang, Zhao Gao, il primo ministro Li Si ed il secondo figlio dell’Imperatore Hu Hai scrissero due false volontà dell’Imperatore, mediante le quali Hu Hai venne ordinato nuovo imperatore e al principe ereditario Fu Su venne comandato di suicidarsi. Più tardi i conflitti fra Zhao Gao e Hi Hai crebbero. Zhao fece entrare nella corte imperiale un cervo dicendo che era un cavallo. Solo un pugno di funzionari osarono dissentire dicendo che si trattava di un cervo. Zhao Gao pensò che questi funzionari fossero contro di lui e li tolse dal governo.
[10] Le Guardie Rosse furono dei civili usati per dare via al processo di applicazione della Rivoluzione Culturale. Molti di loro erano adolescenti intorno ai 15 anni.
[11] Il Massacro di Daxing accadde nell’agosto del 1966 durante il cambio nella leadership del PCC a Pechino. In quei giorni il ministro della Pubblica Sicurezza Xie Fuzhi, nel corso di un incontro con il Dipartimento di Pubblica Sicurezza, tenne un discorso concernente il non intervenire nelle azioni delle Guardie Rosse contro le cosiddette “cinque classi nere”. Il discorso venne presto trasmesso a un incontro del Comitato Permanente del Dipartimento di Pubblica Sicurezza di Daxin. Dopo l’incontro, il Dipartimento di Pubblica Sicurezza di Daxin immediatamente si mise in azione per mettere a punto un piano per incitare le masse nel Comune di Daxin ad uccidere le “cinque classi nere”.
[12] Stando al 19 dicembre 2004.
[13] Da Kang Youwei, “Collezione di Scritti Politici” 1981. Zhonghua Zhuju. Kang Youwei (1858-1927) fu un importante pensatore riformista del tardo periodo Qing.